Photo League

La storia della Photo League è quella di una agenzia fotografica d'altri tempi. Oggigiorno non si potrebbero immaginare fotografi all'altezza di W. Eugene Smith riuniti in una squallida stanza di un edificio anonimo della 21esima strada di New York City a parlare ad un gruppo di persone accomunate solo dalla passione per la fotografia. A noi resta solo il racconto di quei fotografi, ormai pochi, che hanno vissuto quell'atmosfera e che sono stati i responsabili della nascita del fotogiornalismo sociale. Il tempo percorre inevitabilmente il suo percorso. Sembra impossibile che le agenzie di oggi, installate in locali ordinati, arredate in modo minimalista con luci spesso diffuse solo dai tavoli luminosi, silenziose, avvolte solo da ricercate musiche d’ambiente in sottofondo, siano nate anche da una storia come questa.

La Photo League era una associazione veramente libera dove con soli 5 dollari all'anno si poteva godere di camere oscure, di seminari e workshop tenuti da maestri quali Sid Grossman, Dorothea Lange, Lewis Hine, ma anche Edward Weston, Ansel Adams e Paul Strand. Veniva poi distribuito il mensile Photo Notes, la pubblicazione della League che, tra le altre cose, proponeva saggi su argomenti critici legati alla fotografia sociale. Sostenuti da una forte ideologia e da una profonda solidarietà, anche a causa della dura depressione che in quegli anni affliggeva gli Stati Uniti, questi grandi fotografi erano conviti dell'importanza di comunicare e di offrire la loro esperienza e la loro conoscenza ai giovani che muovevano i primi passi. I dibattiti sullo scopo della fotografia, e sul suo significato come arte, erano appassionanti là dove si cercava una nuova strada espressiva cercando di superare il pittorialismo allora dominante che, alla lunga, avrebbe sicuramente ucciso la fotografia.

La Photo League nacque agli inizi degli anni trenta e si affermò da subito come una singolare ed influente organizzazione formata da amatori e professionisti, tutti insieme riuniti, per produrre fotografie di documentazione dal profondo significato sociale. L'obiettivo era quello di completare la stampa di sinistra con immagini della vita quotidiana dei lavoratori di quel tempo: lavoro, scioperi, meeting... La maggior parte dei membri dell'associazione erano newyorkesi nati nel quartiere a sud-est di Manhattan, o a Brooklyn, oppure nel Bronx: abitavano quei quartieri miserabili dove si è insediata la prima generazione emigrata negli Stati Uniti. Erano ebrei, irlandesi, venivano dall'Europa dell'est, erano poveri. Nel periodo di maggior fermento, l'associazione raggiunse i 200 iscritti.

Verso la fine degli anni trenta questa improbabile organizzazione divenne un centro di avanguardia nella fotografia statunitense: i suoi seminari, mostre e attività didattiche ebbero un impatto molto più importante di quanto i fondatori stessi potessero immaginare. Un enorme numero di individui, che cominciarono il lavoro di fotografi attraverso la Photo League, divennero fotografi eccezionali. Questi lavoravano a gruppi: i «Features Groups» che periodicamente si riunivano per confrontarsi sui risultati ottenuti. Nel 1936 Aaron Siskind riunì diversi giovani fotografi della League in un gruppo che sviluppò il progetto «Documento su Harlem». Ogni settimana il gruppo, tra cui Morris Engle, Ann Cooper e Siskind stesso, incontravano Michael Carter, un sociologo nero, che offriva loro informazioni a carattere culturale sulla comunità nera di Harlem e li introduceva nel quartiere. I risultati si discutevano durante i meeting dell'associazione e poi si continuava ancora il lavoro per le strade di Harlem. Lo straordinario documento prodotto fu esposto nel 1940 ad Harlem e un po' ovunque a New York City.

Un altro progetto di tale tipo dal titolo «Zone di New York» fu diretto da Consuelo Canapa. Anche tale lavoro aveva come obiettivo quello di opporsi al tremendo atteggiamento anti- razzista, nei confronti degli afro-americani, allora imperante.

Sotto la direzione di Roy Stryker si formò un altro gruppo che concentrò la sua attività nel settore agricolo. Formato da otto fotografi il gruppo produsse una documentazione toccante sulla condizione contadina dell'epoca che, soprattutto a causa degli effetti devastanti degli agenti atmosferici sulle loro coltivazioni, vivevano in grande povertà. Tale progetto aveva soprattutto l'obiettivo di ottenere un intervento federale che potesse diminuire la dimensione del disastro umano provocato da questi eventi.

I progetti «Chelsea» e «Pitt Street» furono diretti da Sol Libohn e Walter Rosenblum. Chelsea, ad ovest di Manhattan che affaccia sulle rive del fiume Hudson, dove oggi sono concentrate le più prestigiose gallerie della città, era all'epoca un quartiere abitato in gran parte da operai irlandesi e composto da vecchi edifici, fabbriche, stamperie. Pitt street, sul lato opposto, a sud-est, bagnato dall'East River, era soprattutto abitato da famiglie ebree ed italiane. Le abitazioni erano così miserevoli che la vita sociale si svolgeva per la strada, dove i bambini giocavano, gli uomini discutevano di politica e i giovani amoreggiavano.

Lo spirito libero ed idealista della Photo League fu stroncato dal duro attacco alle libertà civili del periodo maccartista. Il Ministero della Giustizia pubblicò nel 1947 una lista nera, dove fu schedata anche l'associazione. La League cercò di ribellarsi ed entrò in una fase di produzione frenetica che si concretizzò con la mostra «This is the Photo League», ma negli anni successivi i problemi causati dall'attacco governativo furono enormi: la maggior parte dei membri uscì dall'associazione che fu costretta a chiudere definitivamente nel 1951.

I lavori della Photo League sono oggi raggruppati in collezioni sia private che pubbliche. Queste fotografie non sarebbero potute esistere senza la macchina fotografica Leica. Infatti, quella che è ormai nota come «Street Photography», la fotografia di strada, nasce verso la metà degli anni venti proprio con l'introduzione della storica macchina fotografica. Una innovazione che ha aperto la ricerca verso la possibilità di «cogliere l'attimo» e che ha permesso di fissare «il momento decisivo», come sosteneva Cartier-Bresson. I fotografi della League, sebbene inizialmente non completamente a conoscenza del lavoro di Cartier-Bresson, nel loro frenetico lavoro, ricercavano configurazioni di forme e di luce che potessero esprimere immagini cariche di emozioni e di significato.

In Italia siamo venuti a conoscenza di questa storia grazie alla bella mostra «Photo League New York 1936 - 1951» organizzata da Admira, curata da Naomi Rosenblum e coordinata da Enrica Viganò. Dal 1999 la mostra è itinerante in l'Europa e quest'anno, con le sue 58 immagini vintage in bianconero, è presente alla quinta biennale di fotografia di Mosca (19 aprile - 16 giugno). Esiste anche un catalogo edito da Ramo d'Oro che si può acquistare in rete al sito www.hfdistribuzione.it.

Patrizia Bonanzinga
maggio 2004